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8 Novembre 2017

Lo sguardo sul Muro delle bambole

Ieri, 7 novembre, è stata inaugurata la mia MOSTRA FOTOGRAFICA dal titolo “Lo sguardo sul Muro delle bambole”, esposta dal 7 novembre al 30 novembre nell’atrio del Comune di Rozzano (Milano). (Orari: 8,30-12,00 tutti i giorni e anche 13,00-18,00 il martedì e il giovedì).

Il muro sul quale ho lavorato è “Il muro delle bambole”, un’installazione realizzata da Jo Squillo nel 2013 che vuole sensibilizzare al problema della violenza contro le donne. Che senso ha questo muro, mi sono chiesta? Che effetto fa alle persone che lo vedono? Per qualche giorno sono stata a lungo seduta sulla panchina della fermata dell’autobus che si trova davanti al muro, ad aspettare e osservare. M’interessava cogliere la reazione delle persone: quanti passanti avrebbero fatto finta di niente? Quanti avrebbero scattato una banale foto da turista e quanti invece si sarebbero fermati a osservare, leggere, riflettere? Inaspettatamente, ho scoperto che l’ultima categoria è ancora, a distanza di quattro anni dall’installazione, la più numerosa. Sono passate scolaresche, gente del posto, turisti, operai, persone in bicicletta, ma quasi nessuno ha potuto fare a meno di lanciare un’occhiata, avvicinarsi, fare una foto o porre proprio a me una domanda. Ho capito che denunciare le ingiustizie su un muro urbano ha una forza potentissima e che forse è l’unico mezzo che costringe la comunità a interrogarsi su quell’emergenza sociale costituita dal femminicidio. Perché dati come una donna uccisa ogni tre giorni in Italia, se li leggo su un giornale, possono sembrare solo numeri, ma se li trovo a caratteri grandi su un muro del centro – e vedo pure le facce delle vittime, e magari ci vado a sbattere il naso mentre passo per fare shopping o per andare a lavoro – forse mi fanno riflettere. E se poi queste immagini me le ritrovo addirittura in Comune, un giorno in cui vado allo sportello dell’anagrafe e ci sbatto ancora la faccia, allora vuol dire proprio che non posso più essere indifferente!

In parallelo alla mostra sono previsti laboratori sul “dialogo di genere” nelle classi terze delle scuole medie di Rozzano e un concorso fotografico per i ragazzi. Perché, mi ha chiesto qualcuno, hai scelto proprio uno spazio pubblico come l’atrio del Comune per la tua mostra? Il motivo è che vorrei suscitare una riflessione collettiva su quell’emergenza sociale che è il femminicidio. Vorrei che le persone fossero incuriosite, che facessero domande, che mentre fanno la fila allo sportello dell’anagrafe leggessero anche i brevi testi della mostra e si chiedessero se magari non stiano attuando nella propria vita quelle dinamiche che costituiscono terreno fertile per la violenza. Negli spazi riservati alle mostre ci vanno volontariamente solo le persone interessate, vorrei invece che alle mie foto arrivasse soprattutto chi non è interessato a questo tema, e che se ne trovasse in qualche modo coinvolto.