Uno strano pioniere
Quando si pensa alla nascita del cinema, la mente corre subito ai fratelli Lumière, al loro cinématographe e alla proiezione de L’arrivée d’un train avvenuta il 28 dicembre 1895 a Parigi.
Eppure non è esatto affermare che il cinema l’hanno inventato i fratelli Lumière. Come dice lo storico Gian Pietro Brunetta, “il cinema ha più di un padre”. Accanto ai Lumière abbiamo ad esempio l’americano Edison, il francese Leprince, i tedeschi Skladanowsky e il nostro Filoteo Alberini
In un giorno dell’autunno del 1894 il giovane passa infatti sotto i portici di Piazza Vittorio Emanuele a Firenze (oggi Piazza della Repubblica) e si imbatte in una vetrina che mostra il kinetoscopio Edison. Entrato nel negozio, osserva da vicino questa grande scatola all’interno della quale, girando una manovella, si vedono delle immagini in movimento. Vorrebbe aprirla per capire come funziona, ma il proprietario del negozio glielo vieta. Torna allora a casa deciso a costruire lui stesso una simile diavoleria, magari con la possibilità di proiettare le immagini in pubblico. Nel giro di due mesi inventa il suo kinetografo, una macchina che può riprendere le immagini e poi proiettarle su uno schermo. Ciò succede un anno prima della proiezione Lumière!
Eccitato e desideroso di confrontarsi con altri studiosi, Alberini va subito in Francia a mostrare i suoi disegni ai Lumière. Ma evidentemente qualcosa va storto… Brevetta allora il suo kinetografo una volta tornato in Italia, solo un anno dopo l’invenzione, e a un passo ormai dalla proiezione dei fratelli francesi.
Tuttavia Alberini non si scoraggia. Ha capito che la strada del cinematografo è tutta in salita e che può prendere tante altre iniziative: apre la prima sala cinematografica; fonda la prima casa di produzione; gira il primo filmato di cinematografia scientifica; è sceneggiatore, regista e operatore del primo film italiano a soggetto, La presa di Roma; realizza innumerevoli altri brevetti.
Se non si parla mai di tutto questo in realtà è anche un po’ colpa di Alberini, e della sorte che spesso gli è stata avversa. Come quando si fida della persona sbagliata, facendo entrare negli affari della sua casa di produzione lo spregiudicato Pouchain, che nel giro di pochi mesi lo emargina dalla sua stessa azienda; o come quando smarrisce i fotogrammi delle riprese fatte durante gli esperimenti scientifici del neurochirurgo Polimanti, perdendo la possibilità di dare il via alla cinematografia scientifica italiana.
Ciò che lo caratterizzerà fino alla fine sarà proprio il grande entusiasmo per le sue invenzioni. Quell’ entusiasmo che si rivelerà un’arma a doppio taglio, spingendolo in tempi prematuri a parlare ai Lumière del suo kinetografo, e portandolo molti anni dopo negli USA a farsi rubare dalla Fox il brevetto della cinepanoramica.
Che dire? Ad Alberini interessavano forse i soldi e la celebrità? Sembra proprio di no.
Anche per questo è doveroso ricordarlo e ammirare in lui quella sincera passione per il cinema che nessun ostacolo ha potuto scoraggiare e che allo stesso tempo non ha ambito ad alcun riconoscimento fine a se stesso.
In un’epoca in cui pur di arricchirsi e farsi notare ci si fa rinchiudere in un acquario televisivo, da un uomo così, senza dubbio, c’è solo da imparare.